Il Beato Ferdinando: Motivo di Fierezza e di Gioia

Mons. Benito Cocchi – Modena, 7 novembre 1999

«Ha motivo di essere nella gioia la comunità cristiana di Modena-Nonantola […] La beatificazione di un figlio della nostra terra e, per vari anni, della nostra chiesa, è anche un riconoscimento della solidità della tradizione umana e cristiana di Modena. Egli ha assorbito, infatti, in famiglia e nella comunità parrocchiale, lo spirito cristiano, così ben amalgamato con la mentalità laboriosa e generosa della gente.

Quando il 3 ottobre scorso sulla piazza di S. Pietro sono risuonati i nomi di Campodoso, Reno Finalese, Finale Emilia, probabilmente per la prima volta alla ribalta in un’assemblea così solenne ed universale, credo che i modenesi presenti abbiano provato un comprensibile moto di commozione, un brivido di legittimo orgoglio. In quelle parole, per merito del beato Baccilieri, c’era la rivalutazione dell’ordinarietà della vita dei nostri paesi, della fede semplice e viva della nostra popolazione. Era esaltata la storia della gente […]. Veniva spontaneo pensare alla parole del Magnificat: “… ha guardato all’umiltà… abbassa i potenti… innalza gli umili…”. 

Ma, nella diocesi, la beatificazione di questo nostro conterraneo è motivo di gioia e di stimolo in particolare per i sacerdoti e, in modo speciale, per i parroci. […] Si può affermare che il tempo della sua formazione giovanile, fino ai primi anni di sacerdozio, è contrassegnato dalla ripetuta mortificazione dei suoi intendimenti, pur buoni. Si direbbe che nel giovane Baccilieri si realizzava il proverbio così comune nella bassa modenese: l’uomo propone e Dio dispone […] Divenuto sacerdote, per un’insistenza autorevole, quasi moralmente obbligante, accetta di trasferirsi in territorio della Diocesi di Bologna[…] Poi, per obbedienza, va parroco in una piccola parrocchia, a Galeazza, dove resta per oltre 40 anni. 

Lui che voleva essere missionario e per il fuoco che gli ardeva nel cuore, avrebbe volentieri percorso le strade del mondo per diffondere il vangelo, si trova, saremmo tentati di dire, “confinato” in un piccolo territorio, con una popolazione non numerosa. Si restringono i confini spaziali del compito a lui affidato, ma non s’inaridisce la fonte della sua vita interiore e del ministero; non si abbatte né si adagia di fronte a realtà così diverse da quelle sognate. Comincia così a delinearsi la spiritualità del Beato. 

Al primo posto, l’assoluta fedeltà alla sua formazione interiore […] Tutto faceva con una grande, quasi eroica, metodicità, forse frutto della sua esperienza diretta della vita consacrata. Si dedicava senza risparmio alla cura pastorale della sua parrocchia […]. Non si può affermare che si sia preoccupato di inventare metodi pastorali nuovi. La predicazione, la catechesi, le confessioni, l’istituzione di associazioni e la direzione spirituale sono state le sue vie maestre, rese vive, credibili e ricercate anche dai fedeli per l’intensità di vita interiore che traspariva in lui, al punto che nel giudizio del vescovo e dei sacerdoti sarà accostato alla figura del Curato d’Ars. 

E quanto ad amore per le persone e fedeltà al compito del parroco, certamente lo fu. La sua testimonianza è motivo di gioia, ma anche di stimolo, per tutti i preti diocesani e particolarmente per i parroci. La monotonia quotidiana di una piccola parrocchia, oppure il frastuono e l’attività frenetica delle grandi, possono essere logoranti e frustranti. Diventano invece, come per il Beato, occasione di santificazione personale, d’intenso impegno formativo, quando ogni giorno sia segnato dal desiderio di rispondere fedelmente al Signore. E’ infine motivo di gioia per le Suore Serve di Maria. La beatificazione del Fondatore è un’ulteriore, preziosa conferma del loro carisma. Motivo di gioia, ma anche di riflessione. Sono nate in parrocchia e per la parrocchia. 

Alla loro origine c’è la consapevolezza di un parroco che non si ferma all’organizzazione esteriore, ma investe ogni energia per la formazione delle persone, specialmente di quanti collaborano più da vicino nella vita della comunità. Sono nate nel segno della grande umiltà del Baccilieri. Egli non pensò mai di dover dar vita a qualcosa del tutto nuovo.[…] Non volle essere chiamato fondatore, ma correttore. 

Noi siamo grati al Signore per la fedeltà delle Suore a questo carisma che le radica alla concretezza “parrocchiale”, le riveste della semplicità ed umiltà della serva del Signore, le rende silenziosamente vicine alla gente, ad imitazione della Vergine Addolorata, presente dove il Figlio dell’uomo, Gesù, dove ogni figlio dell’uomo soffre[…] La vita del discepolo, d’ogni discepolo, è rivolta all’attesa e alla preparazione per l’arrivo dello sposo. […] A mezzanotte arriva lo sposo. 

Per don Baccilieri erano, come suo solito, le tre del mattino; era in preghiera quando lo sposo ha bussato, quando ha avvertito il malore. […] Aveva la lampada accesa; per la molteplicità delle opere e per la santità della vita, aveva anche la provvista dell’olio. Certamente andò con serenità e fiducia, con il sorriso sulle labbra, accompagnato dalla Vergine, incontro allo sposo».